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L'Ordine degli Architetti: ruolo, funzioni, rappresentatività e partecipazione

Aggiornamento: 2 giorni fa

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L’occasione dell’elezione del nuovo Consiglio Direttivo dell’Ordine degli Architetti, le vicende dell’urbanistica Milanese e altri avvenimenti che hanno coinvolto, a vario titolo architetti, hanno indotto molti a riflettere e a pronunciarsi in merito alla natura, al ruolo e alla funzione dell’istituzione ordinistica. Molte sono le considerazioni e variegate le aspettative. Chi si rifà alle norme costitutive, come unico riferimento di valore, e chi invece lo avvicina ad un ente di supporto della categoria. Credo valga la pena parlarne, cercando di fare un po’ di chiarezza.

In tanti ritengono che le ragioni dell’esistenza dell’istituzione ordinistica, sottoposta al controllo del Ministero della Giustizia, si trovino nella sua norma fondativa, la Legge 24 giugno 1923, n. 1395 (Tutela del titolo e dell'esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti) e, in particolare, nel comma 4 dell’art. 5, che introduce la funzione cardine del vigilare “alla tutela dell'esercizio professionale, e alla conservazione del decoro dell'Ordine, reprimendo gli abusi e le mancanze di cui gli iscritti si rendessero colpevoli nell'esercizio della professione” al fine di garantire i cittadini sulla competenza e la professionalità dei propri iscritti.

In realtà, alla Legge fondativa del 1923 sono seguite molte altre norme, tra cui il R.D. 23 ottobre 1925, n. 2537 (Approvazione del regolamento per le professioni d'ingegnere e di architetto), la Legge 25 aprile 1938, n. 897 (Norme sull'obbligatorietà dell'iscrizione negli albi professionali e sulle funzioni relative alla custodia degli albi), il D.Lgs. 23 novembre 1944, n. 38 (Norme sui Consigli degli ordini e collegi e sulle Commissioni centrali professionali), fino alle più recenti: DPR 5 giugno 2001, n. 328 (Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti), DPR 8 luglio 2005, n. 169 (Regolamento per il riordino del sistema elettorale e della composizione degli organi di ordini professionali), il DPR 7 agosto 2012, n. 137 (Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali) e il Codice Deontologico, la cui versione più recente è in vigore dal 2 dicembre 2024.

Richiamo qui il DPR 5 giugno 2001, che tratta la questione della rappresentanza del Consiglio e del suo Presidente, chiarendo, al comma 3 dell’art. 2, in modo inequivocabile il fatto che “I consiglieri rappresentano tutti i professionisti appartenenti all'albo e sono eletti dagli iscritti, senza distinzione di sezioni o settori di appartenenza” e che, al comma 2 dell’art. 4, “Il Presidente ha la rappresentanza dell'Ordine, di cui convoca e presiede il consiglio e l'assemblea”, e il DPR 7 agosto 2012, ultima norma in termini cronologici, che introduce e aggiorna alcuni principi fondamentali dell’istituzione, come l'accesso alla professione, la pubblicità, gli obblighi assicurativi, il tirocinio, la formazione continua, le sezioni e i settori.

Ritornando alla natura, al ruolo e alla funzione dell’istituzione ordinistica, è quindi necessario riconosce una varietà notevole di compiti e di responsabilità, che non è possibile comprimere alla mera funzione di vigilanza, peraltro ora trasferita allo specifico istituto del Consiglio di Disciplina, costituito con lo scopo precipuo di trattare l’attività deontologica e gli aspetti disciplinari che riguardano gli iscritti all’Albo, ma che ha come obiettivo il consolidamento e il rafforzamento del valore sociale della professione, rivolgendosi, non solo agli iscritti, ma alla comunità di pertinenza, al suo territorio e a tutte le entità, pubbliche e private, coinvolte o interessate, sempre a tutela a vantaggio dell’intera collettività.

In questo senso, gli Ordini devono farsi interpreti delle istanze e dei bisogni degli stakeholders, dotandosi degli strumenti necessari, impiegando le opportune risorse, programmando e comunicando in modo adeguato gli indirizzi strategici delle iniziative che assumono, delle attività che svolgono e delle azioni che intraprendono, assumendosi, infine, il dovere di verificare efficacia ed efficienza dei risultati ottenuti, rendicontando i valori generati. A Milano, in considerazione anche del numero di iscritti e del territorio a cui fa riferimento, la Fondazione dell’Ordine costituisce proprio uno di quegli strumenti necessari.

Credo, dunque, che per tentare una valutazione complessiva, in merito all'efficacia del ruolo e delle azioni intraprese da un Ordine importante, come quello di Milano, alla luce dei compiti e delle funzioni sopra illustrate e degli eventi, più o meno rilevanti e più o meno recenti, sia necessario chiedersi se possiamo ritenere rafforzato il valore sociale della professione e se la collettività ha ottenuto benefici dalle iniziative intraprese, promosse o sostenute.

Ecco alcuni avvenimenti significativi che possono (devono) essere presi in considerazione per le valutazioni del caso:

  1. gli interventi della procura connessi alla questione urbanistica, che hanno portato in evidenza discutibili dinamiche sottese alla rigenerazione e allo sviluppo della città e che hanno coinvolto gli uffici della politica, imprenditori, la Commissione del Paesaggio e architetti a vario titolo, tra cui alcuni progettisti, anche celebri, e anche l’ex Presidente e il segretario dell’attuale Consiglio Direttivo dell’Ordine degli Architetti (già membro, il primo, e vicepresidente, il secondo, della Commissione del Paesaggio);

  2. importanti concorsi internazionali, quello per la realizzazione della BEIC (Biblioteca Europea di Informazione e Cultura) e quello per l’ampliamento del Museo del ‘900 all’Arengario, il cui esito, in entrambi i casi, è viziato da latenti conflitti di interesse della commissione giudicante;

  3. l’anomala assenza di riscontri riguardo l’attività di vigilanza, tenuto conto del dettato del DPR 7 agosto 2012, n. 137 e di quanto indicato nelle Linee guida ai procedimenti disciplinari del CNAPPC che, pur confermando la necessaria riservatezza dei procedimenti, prevedono che i provvedimenti disciplinari di sospensione e cancellazione (non l’avvertimento e la censura, in quanto non interdittivi della professione) siano annotati nella cartella personale dell’iscritto e resi pubblici sull’Albo dell’Ordine e sull’Albo Unico Nazionale;

  4. la persistente assenza di trasparenza riguardo l’individuazione dei soggetti affidatari di compiti particolari o specifici e/o l’assegnazione di nomine e incarichi da parte del Consiglio, che avviene senza adottare i necessari criteri di pubblicità e/o di rotazione;

  5. la scarsa partecipazione degli iscritti all’ultima tornata elettorale per la nomina del Consiglio Direttivo (la partecipazione al voto di appena il 17,6%), che è testimonianza del malessere e della frustrazione che pervade la categoria professionale e che pone un evidente problema di rappresentanza del Consiglio Direttivo dell’Ordine e del suo Presidente.

Volendo riportare tali eventi su un piano di analisi descrittiva e volendoli inquadrare in termini sintetici, attraverso l’individuazione dei caratteri comuni, si riscontra in tutti i casi una palese commistione, di ruoli, cariche, interessi e poteri che fondano la propria azione su criteri audaci di applicazione di norme che effettivamente si prestano a interpretazioni di comodo e che, inevitabilmente, fa nascere il sospetto di illecite cooperazioni e accordi, che determinano l’effetto di allontanare dalla partecipazione ai concorsi, dalle richieste di manifestazione di interesse, dai dibattiti che riguardano la professione, dalle iniziative dell’Ordine e persino dall’attività formativa obbligatoria, tutti coloro che rimangono esclusi dai gruppi di potere.

Credo che le questioni non possano essere sottovalutate e che sia necessario individuare gli argomenti da affrontare e risolvere e le iniziative da intraprendere. Provo qui a comporre un elenco di azioni che, a mio avviso, sarebbe utile intraprendere, senza che per questo debbano esse intese come esaustive:

  • A. avviare una attività di interpretazione coordinata e autorevole della normativa cogente in materia urbanistica ed edilizia, non potendo lasciare tale onere alla funzione amministrativa dei comuni (circolari e disposizioni di servizio);

  • B. regolamentare e stabilire criteri di nomina a ruoli istituzionali, accademici, commissioni tecniche, giudicanti, valutative, di collaudo, così come il passaggio da una posizione all’altra, in modo da eliminare o almeno ridurre la probabilità di determinare situazioni di conflitto di interesse;

  • C. valutare l'opportunità di dare evidenza dell’avvio e della conclusione delle azioni disciplinari, mantenendo il riserbo sul procedimento, ma rendendo pubblico l’eventuale provvedimento di sospensione o cancellazione dall’Albo dell’Ordine;

  • D. pubblicare tempestivamente gli atti di determina collegati agli avvisi emanati dal Consiglio dell’Ordine, per la presentazione di candidature a ruoli e funzioni particolari, comprensivi delle informazioni di rilievo (numero complessivo dei candidati, verbale o atto analogo di valutazione collegiale e/o di affidamento, nominativo dei professionisti prescelti, documenti forniti dai candidati e richiesti per la selezione - considerato che la giurisprudenza tende a considerare che i candidati di concorsi pubblici acconsentano alla visione degli elaborati degli altri partecipanti);

  • E. istituire una piattaforma strutturata di dibattimento dei temi aperta a tutti gli iscritti, con possibilità di elaborazione di documenti condivisi, per dare sostanza alle funzioni di rappresentanza e per aumentare i livelli di partecipazione degli iscritti.

Naturalmente ci sono altre questioni che potrebbero e dovrebbero essere prese in considerazione, che non sono strettamente legate agli eventi indicati più in alto, ma che, comunque, fanno riferimento, da vicino, alla valorizzazione della professione (equo compenso, protocolli prestazionali, contrattualistica) e ai rapporti tra architetti (articolazione delle competenze, collaborazioni e "false" partite IVA, adeguatezza del regime giuridico utilizzato per lo svolgimento dell'attività professionale): ne parleremo.

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